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Come cambiare le proprie abitudini alimentari per vincere la fame nervosa

Salute e Benessere

Come cambiare le proprie abitudini alimentari per vincere la fame nervosa

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Come cambiare le proprie abitudini alimentari per vincere la fame nervosa

La fame nervosa non ha nulla a che vedere con la fame fisiologica: nel primo caso entrano infatti in gioco meccanismi psicologici ed emotivi, soprattutto quando non si riescono a gestire emozioni o situazioni che mettono alla prova. Quando si mangia in preda alla fame nervosa è come se si mangiassero, in realtà, le proprie emozioni.

Se non controllata, quest'abitudine rischia di diventare un circolo vizioso che danneggia la salute. La psicologa Susan Albers ci mostra non uno solo, bensì 50 modi per vincere la fame nervosa nel suo libro. 


Romina Rossi

Cambiare le proprie abitudini: una missione possibile

Non c’è nulla di più duro a morire di un’abitudine. Secondo uno studio della Duke University, ben il 45% del nostro comportamento quotidiano è frutto di un’abitudine. Molte persone vi si rifugiano e vi indugiano, con la scusa che non si può cambiare.

In realtà, anche le abitudini più radicate si possono cambiare. Certo, richiedono sforzi, probabilmente se oggi si fa un piccolo passo avanti, domani se ne faranno due indietro, verrà voglia di gettare tutto all’aria e di non cambiare proprio un bel niente.

Secondo uno studio pubblicato sullo “European Journal of Social Psychology”, per cambiare un’abitudine ci vogliono in media 2 mesi. Nei casi più “ostinati”, secondo gli studi condotti, si può arrivare anche a 6-7 mesi. Quello che hanno messo in evidenza i ricercatori di questo studio è il fatto che le abitudini si formano a prescindere dagli errori e dai passi indietro che si commettono durante questo periodo. Quindi che si sbagli o no, la nuova abitudine prima o poi soppianterà la vecchia, se ci si impegna.

Anche nella relazione con il cibo si possono formare nuove abitudini, specialmente se queste mettono in pericolo la felicità e il benessere personale. Le ricerche dicono che quando si mangia per nervosismo, rabbia o in preda a sentimenti negativi, le persone non si sentono affatto meglio, né tanto meno sazie. In questi casi, spesso si mangia per cercare conforto o per non dover gestire un’emozione o una situazione spinosa che può creare ansia, stress e anche dolore.

Ecco la descrizione che la dottoressa Albers fa della fame nervosa: “Il disturbo di alimentazione incontrollata è caratterizzato dall’assunzione eccessiva di cibo in modo frequente e ripetuto per alleviare lo stress o altri sentimenti negativi. Questo disturbo può presentarsi quando, per affrontarli, come prima cosa cercate il cibo, e non si tratta di qualcosa che fate solo occasionalmente.

Forse vi rendete conto di dedicare al cibo gran parte del vostro tempo e delle vostre energie; forse sentite che la vostra vita ruota attorno al mangiare, al punto da avere difficoltà a svolgere le vostre attività quotidiane”.

Cambiare le proprie abitudini in fatto di cibo significa smettere di usarlo come un mezzo per cercare conforto: nessun conforto potrà infatti arrivare dal cibo o potrà appianare una situazione difficile.

Cosa succede al corpo quando si mangia per fame nervosa

Quando si è vittima della fame nervosa, si cerca un metodo per rilassarsi e distendersi. Ma ci sono tanti modi più sani di mangiare senza fame, che aiutano in egual modo a rilassare il nostro organismo. Il corpo, infatti, risente maggiormente dello stress e della fame da stress.

Chi soffre di stress cronico tende a prendersi più raffreddori per via delle difese immunitarie più basse e inizia ad avere capelli bianchi in età più precoce. Sentirsi sopraffatti e oppressi causa perdita o aumento di peso. Inoltre, quando si soffre di stress cronico, il corpo tende ad accumulare peso nella zona della pancia. L’impatto dello stress sul corpo rende particolarmente necessario trovare modi sani di confortarsi, anziché danneggiarsi con la fame nervosa.

Quando si vive uno stress – inteso come una minaccia o un pericolo reale per la propria vita, si attiva l’asse ipotalamo-ipofisi-ghiandole surrenali tramite il rilascio di cortisolo e adrenalina, cioè gli ormoni dello stress, e il neurotrasmettitore norepinefrina. Queste sostanze producono la reazione “combatti o fuggi” che prepara il corpo ad affrontare un evento stressante.

Questa complessa reazione influisce sul corpo in molti modi; uno di essi regola proprio la voglia di cibo. Se ci pensate è quando si è particolarmente sotto pressione che si sente maggiormente il desiderio di cibi ricchi di zuccheri, grassi e sale: proprio perché il corpo cerca di ripristinare rapidamente e naturalmente l’equilibrio degli ormoni e dei neurotrasmettitori. Spesso lo si fa cercando cibi che regolano i neurotrasmettitori e gli ormoni dello stress e aumentano temporaneamente l’energia.

Quando ci si rilassa, diminuiscono le reazioni fisiologiche e chimiche allo stress che sono in corso: per questo motivo il modo in cui si affronta lo stress influenza direttamente il corpo. Riuscire a calmare la reazione fisica allo stress e la mente, aiuta a ripristinare l’equilibrio naturale e anche a regolare l’appetito.

Cambiare consapevolmente i pensieri e le abitudini alimentari

Ecco quindi che per cambiare la propria attitudine nei confronti del cibo è importante per riuscire a cambiare anche il modo di considerare il cibo: non più come uno strumento di consolazione ma come un mezzo di sostentamento e di sopravvivenza. Non c’è un’unica tecnica o abitudine che possa andare bene; il segreto di come fare ce lo svela la Albers:

“Il vostro compito è imparare a generare pensieri più confortanti di quelli negativi che avete di solito. Riempiendo la mente di immagini e idee confortanti e rilassanti diminuite le probabilità di cercare il cibo per af¬frontare lo stress o la negatività”.

Vediamo quindi qualche tecnica che potete mettere in pratica subito.

1. Scrivere un diario per rinforzare le difese mentali

Scrivere ha sempre avuto un potere terapeutico: riuscire a scrivere dei propri problemi aiuta a dare conforto a se stessi. Ed è un modo talmente potente che esiste un ramo della psicologia che si occupa del potere guaritore del diario, la terapia narrativa. “La teoria si basa sulla riscrittura e l’esternazione dei propri sentimenti: – spiega la Albers – essenzialmente significa prendere qualunque sentimento intrappolato dentro di voi e descriverlo nero su bianco, in modo da poterlo vedere da un’altra prospettiva. I sentimenti non esaminati sono come potenti correnti oceaniche: possono spingervi in direzioni che voi non volete prendere”.

Inoltre tenere un diario ha dei benefici, tra i quali prendere consapevolezza di ciò che spinge a mangiare per consolarsi. Molte persone che soffrono di fame nervosa pensano di mangiare solo per il piacere di farlo, ma spesso dietro c’è molto di più; tenere un diario aiuta ad affrontare il problema direttamente esaminandolo in profondità. È l’opposto che mangiare per annullare i sentimenti, impedendo così di analizzarli. Inoltre, permette di riflettere sulla propria situazione in modo più positivo e realistico e offre uno spazio in cui prepararsi al successivo attacco di fame da stress.

Esprimendo chiaramente le difficoltà che si sono incontrate in passato si riuscirà a predire la reazione futura e pianificare il modo di affrontare quelle difficoltà in modo più produttivo la volta successiva.

2. Vedere il bicchiere mezzo pieno

I terapeuti – scrive la Albers – sono persone esperte nell’aiutare le persone a sentirsi meglio. Se pensate che per confortare i propri clienti hanno solo le parole, è meraviglioso: niente abbracci, niente regali, niente cibo. È affascinante. Devono usare parole molto potenti e legarle insieme con grande abilità per ottenere quei risultati.

Allora qual è il loro segreto? In parte è il fatto di dare appoggio e incoraggiamento alle persone. Ma cosa dicono esattamente per aiutarle a stare meglio anche nei momenti peggiori? Gran parte del lavoro dei terapeuti sta nell’inquadrare in modo diverso la situazione. Il terapeuta spiega i sentimenti del cliente da una prospettiva diversa da quella del cliente stesso. Anziché centrarsi sul problema creato da una particolare situazione, la inquadra diversamente per vedere i benefìci e le opportunità che si presentano attraverso quella situazione difficile”.

Chi mangia per ragioni emotive si concentra molto sui propri fallimenti: queste persone hanno elenchi di tutto ciò che sbagliano e condannano se stesse perché ricadono nelle solite abitudini. Ma volendo inquadrare diversamente quella situazione si potrebbe pensare ai momenti in cui ci si abbuffa come a dei momenti falsi, non veri. Sono momenti che insegnano, che aiutano a identificare ciò su cui si deve lavorare. E per farlo non bisogna essere terapeuti: basta solo spostare lo sguardo e osservare il quadro da un’altra prospettiva per riuscire a vedere le cose in maniera differente.

3. Preoccuparsi consapevolmente

Tutti ci preoccupiamo decisamente troppo. Molti trascorrono troppo tempo durante la giornata a ossessionarsi su cose che non si possono controllare: molti sono sconvolti per situazioni che potrebbero verificarsi oppure no. Ed è in queste situazioni che si ricorre al cibo. C’è un’espressione inglese, worry eater, che indica chi mangiucchia per affrontare la propria agitazione.

Spesso queste persone sono attratte dal cibo perché hanno l’impressione di fare qualcos’altro oltre a preoccuparsi; tuttavia, spesso, ciò di cui ci si preoccupa è al di fuori del proprio controllo. La maggior parte delle volte non si può fare niente per cambiare l’esito della situazione, di conseguenza può insorgere un forte impulso a tenersi occupati. Sfortunatamente, cucinare e sgranocchiare sono un’occasione per farlo.

Ecco il consiglio della Albers in questi casi: “Se avete l’abitudine di mangiare quando siete preoccupati, potrebbe aiutarvi fare qualcosa che vi appaia produttivo. Chiedetevi cosa avete il potere di fare in quel momento, poi concentratevi nell’elaborazione di un piano per realizzarlo. Ad esempio, se siete preoccupati per la vostra situazione economica, fate un budget. Assumetevi la responsabilità di ciò che potete controllare: vi farà sentire molto bene”.

Un grande lato negativo della preoccupazione è che consuma molto tempo ed energie emotive, inoltre mette a rischio la salute e può causare insonnia o problemi fisici. Per chi soffre di fame nervosa, la preoccupazione può aumentare notevolmente la vulnerabilità all’abuso di cibo.

4. Fare come Rossella O’Hara

Alla fine del film Via col Vento, Rossella, la giovane proprietaria terriera abbandonata dall’uomo che ama, vedova di uomini che non ha mai amato e sull’orlo del fallimento in un Paese sconvolto dalla guerra civile, esclama: “Domani è un altro giorno. Ci penserò domani”. In altre parole, decise che non poteva preoccuparsi di tutto subito. Mentalmente, Rossella ripose le proprie preoccupazioni in un cassetto immaginario e le riprese solo quando fu pronta ad affrontarle.

Ed è questo atteggiamento che fa la differenza, come spiega l’autrice del libro: “Mettere un problema nel cassetto è diverso dall’evitarlo o ignorarlo: significa avere un approccio strategico alla questione e impegnarsi ad affrontarla in un momento specifico. Come si suol dire, il tempismo è tutto. L’idea è simile a quando si mettono via le foto di un ex dopo una rottura difficile: quando si è arrabbiati, le foto possono innescare pensieri dolorosi e tenerci bloccati a rimuginare sulla rottura, quando invece si è pronti a riprenderle senza deprimersi, le si può guardare ancora”.

Per abbandonare l’abitudine di mangiare in preda allo stress, può essere utile fare come Rossella: pensare alla preoccupazione solo quando si è pronti per affrontarla. 

Scopri tutti i 50 modi per vincere la fame nervosa nel libro!


Romina Rossi
Giornalista freelance e web writer, collabora con la rivista “Vivi Consapevole” e diversi siti web, occupandosi prevalentemente di medicina... Leggi la biografia
Giornalista freelance e web writer, collabora con la rivista “Vivi Consapevole” e diversi siti web, occupandosi prevalentemente di medicina naturale, benessere olistico e tecniche naturali di guargione.L’amore per la Natura e la curiosità di capire i complicati e delicati meccanismi di funzionamento dell’uomo, la portano a intraprendere... Leggi la biografia

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