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Yoga Finanziario: moda passeggera o vera opportunità di evoluzione?

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Yoga Finanziario: moda passeggera o vera opportunità di evoluzione?

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Yoga Finanziario: moda passeggera o vera opportunità di evoluzione?
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Che cos'è lo Yoga Finanziario? E come può aiutarci nell'avere una maggiore ricchezza, sia interiore che "esteriore"? Come possiamo sfruttarlo per migliorarci e migliorare la nostra situazione economica


Redazione Web Macro

 

L’Occidente ha un rapporto strano con il denaro e la ricchezza. Oserei dire contraddittorio. Votato al materialismo da sempre, ma tremendamente pervaso dal senso di colpa e dal moralismo quando si tratta di denaro e di ricchezza. Per la maggior parte degli occidentali è molto difficile accettare l’idea di diventare ricchi e quando ci si riesce diventa praticamente impossible godersi la ricchezza accumulata senza avere il senso di colpa che, più o meno inconsciamente, rosicchia come un tarlo tutto ciò che di positivo si potrebbe provare.

Il denaro è lo sterco del diavolo. Questa idea indotta limitante deriva dall’educazione cattolica e ci impedisce, di fatto, di evolvere ed essere felici. “Evolvere” nel senso dello yoga finanziario: sia a livello spirituale e sia a livello materiale. Senza il primo non ci può essere il secondo, così come non vi può essere ricchezza materiale senza prima quella interiore.

La povertà è un valore per il cattolico, un mezzo per arrivare alla salvezza dell’anima. La ricchezza, al contrario, ne è un ostacolo. Ma è davvero così? O forse è stata la Chiesa Cattolica, come Istituzione ad abusare del concetto di povertà ed interpretarlo come meglio politicamente conveniva? Non è certo questa la sede, per affrontare l’interessantissimo tema, ma sta di fatto che il senso di colpa installato nel nostro inconscio, alimentato da parabole, film, prediche, probabilmente deriva da questo. Basti qui solo ricordare che, qualcuno lo ricorderà, nei vangeli Gesù Cristo è più vicino a una fgura dell’abbondanza che della povertà. Non è forse lui che trasforma la povera acqua in vino? I pani in pesci? E che si fa lavare con unguenti preziosi?

Forse è arrivato il momento di evolvere e mollare quel rassicurante “senso di colpa” e iniziare ad assumersi la responsabilità di essere liberi...anche finanziariamente.

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La libertà finanziaria

Tutti vorremmo poter guadagnare senza lavorare, la libertà finanziaria ce la immaginiamo così: soldi che si moltiplicano semplicemente con due minuti di click e il resto del tempo tutto libero per noi. Non c’è niente di male a desiderarlo, il male è non fare mai nulla di veramente utile per realizzarlo. Utile dal punto di vista dello Yoga Finanziario.

“La vera ricchezza non suona mai in mono, ma in stereo”, perche “qualsiasi condizione parziale di ricchezza sara sempre una povertà. L’unico stato di ricchezza possibile, quella che noi chiameremo ricchezza consapevole, e dunque un concetto organico. Essa, infatti, e costituita da due parti, da due componenti che devono incessantemente interagire fra loro: la ricchezza esteriore e la ricchezza interiore”̀.

Ricondurre quindi all’Uno, ciò che il mondo Occidentale ha, come sempre, separato, creando dolore e infelicità. Perche? Perché se ci illudiamo di diventare come d’incanto felici solo per il fatto che riusciamo a guadagnare semplicemente battendo il dito indice sul mouse, allora...allora abbiamo bisogno dello Yoga Finanziario.

Già perche non è così che funzioniamo, non è così che funziona l’essere umano. Lo potremmo anche essere all’inizio, ma dopo un po' si avvertirebbe il desiderio di qualcosa di più appassionante, creativo, emozionante, in una parola: umano. Ed in effetti chi sguazza nella ricchezza materiale, nella maggior parte dei casi non è detto sia anche felice e soddisfatto ed il motivo è proprio questo.

Attenzione però. Con ciò non si intende affermare che basta intrecciare lo sviluppo spirituale e la ricerca della ricchezza esteriore. Si intende, piuttosto, iniziare sul serio ad essere consapevoli di noi stessi in primis, dei nostri sogni e desideri, in modo da esser certi che i nostri desideri siano davvero “nostri” e non indotti, ad esempio, dall’educazione, dai social, dal dover essere, dal senso comune, dal bombardamento mediatico che ci dicono tutti: nasci, cresci, studia, trova un lavoro dipendente, compra casa, sposati. Davvero siamo aderenti a noi stessi, quando pensiamo queste cose?

Ecco il primo passo da fare: aspirare a diventare quello che si è...risvegliarsi… La libertà più importante è quindi quella che ci rende consapevoli di noi, di ciò che siamo e che ci affranca dal lavoro, inteso come occupazione forzata, obbligo mortifcante, da sopportare per un misero stipendio mensile e per sopravvivere.

 

 

Risvegliarsi...riscoprire la vocazione

Riscoprire la nostra vera sostanza, ripensandoci col cuore non con l’ego. Puntare l’attenzione non ai desideri dell’ego, che sono quelli che tra un anno non saranno più tali, ma ascoltando ciò che siamo, osservandoci quando facciamo qualsiasi cosa e identifcare così quelle attività che ci fanno dimenticare del tempo che passa.

Praticare la meditazione, già perche sembrerà banale e ormai inflazionato come concetto, ma solo attraverso di essa, potremmo avere la giusta intuizione di ciò che siamo veramente. Osservarci, dunque, osservare anche il lavoro che svolgiamo, per capire se è la nostra vocazione. Come fare a capirlo? Sia che si lavori in una grande azienda come la Apple, che nella ditta cittadina, se siamo felici di farlo è la nostra vocazione.

Ma si badi bene, felici non perche riusciamo a portare uno stipendio a casa, ma perche quel lavoro è intriso di signifcato per noi, ha qualcosa di più delle otto ore trascorse in un ufficio. Nasconde un’utopia, un progetto, una meta razionalmente irraggiungibile (o forse sì), ha qualcosa di magico, che combacia con i bisogni degli altri, a cui noi siamo felici di partecipare, a cui noi siamo siamo felici di dare il nostro contributo, le nostre intuizioni. Tutto ciò è l’unica cosa che ci fa sentire soddisfatti e spiritualmente pieni, perche in quella vocazione, in quel lavoro siamo noi.

Ma anche qualora svolgessimo un lavoro, che non ha nulla a che fare con tutto ciò, esso ci permetterà di guadagnare e coltivare quella che è la nostra vocazione. L’importante è individuarla e poi alimentarla, fino a che non diventerà essa il nostro lavoro. Non è vero che per guadagnare occorra soffrire e spendersi per il sistema. Ma è vero che abbiamo il dovere di spenderci per noi stessi e trovare la nostra vocazione.

La ricchezza interiore va alimentata. Solo allora saremo pronti, equilibrati e sereni, per realizzare il secondo step: la ricchezza esteriore. E solo allora ciò che è separato giungerà all’Uno. La ricchezza interiore sarà motivo di appagamento e l’appagamento sarà il motore che ci condurrà dritti alla ricchezza materiale.

Troppo banale? Niente affatto si tratta di evoluzione. Si tratta di guardare alla magia della vita e comprenderne i messaggi, staccandosi dalla materia oscura, di cui il sistema è intriso. In gioco ci sono i nostri sogni e la nostra felicità.

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