Dolcificanti naturali: come sceglierli in base alla Macrobiotica
Alimentazione Sana
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Oggi in commercio troviamo moltissime alternative allo zucchero raffinato, che ormai sappiamo tutti quanto faccia male. Sugli scaffali troviamo succo d’agave, sciroppo d’acero, miele, zucchero di canna grezzo e integrale, stevia, sciroppo di dattero, malto, amasake e tanto altro. Ma questi dolcificanti "alternativi" e definiti “naturali”, sono tutti uguali, fanno tutti bene? Vediamo di capire meglio.
Dealma Franceschetti
I dolcificanti naturali non sono tutti uguali. Come orientarsi nella scelta dal punto di vista della macrobiotica
Innanzi tutto l’idea dal punto di vista della macrobiotica, è quella di rieducare il palato ad un sapore dolce più delicato, ben diverso da quello “violento” dello zucchero, spostandosi sul sapore dolce della frutta o al massimo di malti e amasake.
Cercare nel mondo del naturale un dolcificante che sostituisca lo zucchero nel suo potere dolcificante così intenso, non è una buona strada per migliorare l’alimentazione, Ci sono moltissimi dolcificanti detti “naturali” che sono troppo dolci, quindi non sono sicuramente da preferire. Vediamo di approfondire.
Agave, acero, zucchero di canna (sia grezzo sia integrale), sciroppo di dattero, zucchero di cocco, stevia, miele, sono tutti molto dolci e non ci aiutano a rieducare il palato ad un sapore più leggero, che ci permetta di apprezzare e godere di un dolce poco dolce e quindi più sano perché meno carico di zuccheri semplici.
Al contrario il malto d’orzo e di riso e l’amasake, dolcificano meno, quindi sono scelte migliori. Ovviamente è sempre consigliato tornare ad usare la frutta, il più antico dolcificante usato degli esseri umani nella storia.
Quali parametri usare per orientarsi nella scelta di un dolcificante?
La quantità di zuccheri
Più zuccheri semplici contiene e più il dolcificante è problematico e meno ci aiuterà ad abituarci a sapori dolci delicati. Senza dover diventare un chimico e leggere le etichette in modo maniacale, basta usare i nostri sensi per capire: usiamo il gusto.
Se il sapore dolce è intenso, significa che la quantità di zuccheri semplici è molto alta e spesso che questi zuccheri sono anche “liberi”, come nel caso del miele, per fare un esempio, quindi con un rapido assorbimento e conseguente picco glicemico. Se all’assaggio sentiamo un sapore dolce leggero allora siamo sulla strada giusta.
La presenza delle fibre
La presenza di fibre è importante, perché le fibre rallentano l’assorbimento degli zuccheri semplici. Quindi usare la frutta fresca o disidratata è un ottimo metodo soprattutto per la presenza della fibra.
Ma anche l’amasake, derivato dalla fermentazione dei cereali, conserva la fibra. Tutti gli altri invece ne sono praticamente privi, quindi meglio usarli di rado o ricordarsi di abbinarli a farine integrali o alla frutta, così introdurremo la fibra.
L’origine geografica
Dal punto di vista della macrobiotica, l’origine geografica di un alimento determina energie particolari, che lo rendono più o meno adatto a chi lo utilizza. Per chi vive in un clima temperato, come in Italia, l’energia del cibo tropicale risulta molto yin, quindi raffreddante e indebolente. Zucchero di cocco e sciroppo di dattero rientrano in questa categoria, quindi meglio usarli di rado e soprattutto non durante la stagione fredda.
Nel mio libro Dolci Buoni e Sani approfondisco il tema dei dolcificanti naturali, come usarli e come sceglierli e quali sono le differenze. Nel libro potrete trovare molte ricette dolcificate solo con la frutta o con il malto di riso e gli accorgimenti per rallentare l’assorbimento degli zuccheri semplici evitando i picchi glicemici.
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