Pensare troppo fa male: la guida per uscire dall’overthinking
Psicologia e Crescita Personale

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Pensare troppo ci fa bene o ci intrappola? Nel suo bestseller Smetti di pensare (troppo) e vivi meglio, il monaco zen Ryunosuke Koike svela perché il pensiero compulsivo è la vera malattia della mente moderna – e come uscirne, ritrovando presenza e serenità. Un libro sorprendente che insegna a vivere, non solo a riflettere. Te lo nraccontiamo in questo articolo.
Francesca Lanza
Sempre più persone vivono con la mente accesa senza sosta, in un flusso continuo di preoccupazioni, ipotesi, giudizi e analisi. Questa attività mentale incessante, spesso scambiata per normalità, è invece – secondo Koike – la vera fonte della nostra stanchezza, del nostro malessere emotivo e della disconnessione dal presente. Pensare troppo non ci aiuta a vivere meglio: ci allontana da ciò che è reale e ci priva del senso di pienezza.
Con un linguaggio diretto e strumenti pratici, il libro ci mostra una strada diversa: non smettere di pensare, ma imparare a farlo solo quando serve davvero. Il resto del tempo, possiamo finalmente riscoprire la vita attraverso i sensi, l’attenzione e il corpo. Un ritorno alla realtà che ci libera.
Quando la mente si ammala di pensiero
Koike parte da un’osservazione che può sembrare provocatoria: “Il pensiero è una malattia”. Non si riferisce, ovviamente, alla capacità razionale in sé, ma al suo uso distorto e compulsivo, tipico della mente moderna. Il pensiero, dice l'autore, diventa nocivo quando si sostituisce alla percezione diretta, quando ci stacca dai nostri sensi, quando rimugina all'infinito su passato e futuro e ci impedisce di vivere il presente.
Questo tipo di pensiero – incontrollato, ripetitivo, inconsapevole – non è più uno strumento a nostro servizio, ma un automatismo che prende il controllo. La mente si nutre di sé stessa, saltando da un’idea all’altra, generando scenari ipotetici, preoccupazioni, giudizi, risposte emotive. Il risultato? Viviamo dentro una specie di sogno, senza renderci conto di quanto ci stiamo perdendo. Questo processo è una vera e propria “la malattia del pensiero”, un’afflizione che si manifesta ogni volta che rimaniamo intrappolati nei nostri stessi pensieri senza riuscire a fermarli.
Avidità, Collera, Ignoranza: i tre veleni del pensiero compulsivo
Uno dei passaggi più potenti del libro è l’analisi dei tre grandi stati d’animo che, secondo la tradizione buddhista, alimentano la sofferenza mentale: Avidità, Collera e Stupidità (che potremmo tradurre più precisamente con “Ignoranza”).
Koike li descrive come forze interiori che si attivano ogni volta che il pensiero prende il sopravvento sulla consapevolezza.
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L’Avidità ci spinge a cercare stimoli sempre nuovi – apprezzamento, successo, gratificazioni – senza mai trovare pace. La mente desidera, brama, rincorre. Anche nei pensieri si annida questa forma di consumo compulsivo: pensiamo perché vogliamo qualcosa, o perché temiamo di perderlo.
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La Collera è la forza che ci fa rifiutare ciò che non ci piace. Non vogliamo sentire, vedere, accettare. Ogni volta che qualcuno ci contraddice, ci giudica, ci frustra, il pensiero reagisce con ostilità. Ma invece di risolvere la situazione, si avvita in una spirale di recriminazioni e risentimenti.
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L’Ignoranza, infine, è il risultato della mente che ha dimenticato come si sta nel mondo reale. Non percepiamo più veramente: guardiamo senza vedere, ascoltiamo senza sentire, viviamo senza presenza. È lo stato di chi è “nelle nuvole”, ma senza saperlo.
Insieme, questi tre veleni corrodono la qualità della nostra coscienza. E la cosa più inquietante è che lo fanno senza che ce ne accorgiamo.
Perché pensare troppo ci rende infelici
Pensare in modo compulsivo interferisce con tutte le nostre attività quotidiane, anche quelle più semplici. Mangiamo ma non gustiamo, ascoltiamo qualcuno ma con la testa altrove, teniamo per mano il partner ma siamo mentalmente assenti. Viviamo momenti importanti come se fossero sfocati.
Il problema, spiega l'autore, non è solo la distrazione. È che l’energia mentale viene risucchiata da pensieri inutili, spesso legati al passato o a preoccupazioni ipotetiche. E così, la realtà si svuota, perde sapore, diventa una specie di film noioso che scorriamo distrattamente. Questo genera stress, senso di vuoto, una strana forma di infelicità che non ha un motivo preciso, ma che ci accompagna costantemente.
Nel lungo periodo, questa disconnessione può portare a un indebolimento delle nostre capacità sensoriali, della memoria, della presenza, e quando questo accade, anche il tempo sembra passare più in fretta. La vita scorre, ma non la viviamo davvero.
La soluzione? Tornare al corpo, tornare ai sensi
La proposta di Koike non è teorica: è pratica, concreta, accessibile a tutti. La cura per la malattia del pensiero è ristabilire un legame diretto con i nostri cinque sensi: vista, udito, tatto, gusto, olfatto. Non attraverso tecniche complesse, ma tramite una semplice rieducazione all’attenzione.
“Quando vedi, vedi davvero. Quando ascolti, ascolta davvero.”
Ogni azione – camminare, lavare i piatti, parlare con un collega – può diventare un esercizio di consapevolezza se ci concentriamo su ciò che percepiamo, invece che su ciò che pensiamo. È una forma di meditazione applicata alla vita quotidiana. E più la pratichiamo, più la mente si acquieta. Più si acquieta, più sentiamo che la vita è piena così com’è, senza bisogno di rincorrere altro.
Questo ritorno ai sensi è anche un ritorno a noi stessi. Non come idea, ma come esperienza vissuta.
“Pensare rettamente”: non smettere di pensare, ma imparare quando farlo
Un equivoco da evitare è pensare che Koike suggerisca di “spegnere il cervello”. Al contrario, l’obiettivo è usare il pensiero nel modo giusto, quando serve davvero. Il riferimento esplicito è all’“Ottuplice Sentiero” della tradizione buddhista, e in particolare al concetto di Retta Intenzione.
Pensare in modo retto significa:
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evitare le reazioni automatiche,
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ridurre le elucubrazioni inutili,
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concentrarsi su ciò che è utile, semplice, concreto,
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scegliere cosa pensare, e quando farlo.
Questa forma di pensiero non genera stress, ma chiarezza. Non confonde, ma illumina. Non isola, ma collega.
Se ti capita spesso di pensare troppo…
…questo libro è per te.
Non per “smettere di pensare”, ma per ritornare a vivere.