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L’Amore, la forza della natura che fa scaturire la Vita

Nuove Scienze

L’Amore, la forza della natura che fa scaturire la Vita

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L’Amore, la forza della natura che fa scaturire la Vita

«Sii tu stesso il cambiamento che vuoi vedere nel mondo». Gandhi 

Due persone, un uomo e una donna, si incontrano; sono attratti l’uno dall’altra. In breve, l’uno/a dirà all’altra/o: «Sono innamorato/a di te». L’altro/a, mettiamo, risponderà: «Anch’io». È una situazione che sembrerebbe far trasparire emozione; l’impressione che se ne ricava è però di qualcosa di banale. Perché? Perché, esibita così apertamente, tradisce quel sentore comunicativo reciproco che risiede nell’essere l’uno-con-l’altro, sensazione che non ha bisogno di essere trasmessa con le parole.

In quei momenti ciascuno dei due non ha davanti a sé un semplice partner, ma il suo dio.

Nel suo libro La Grande equazione, Vittorio Marchi inserisce una splendida riflessione sull’Amore, quella forza straordinaria che dal nulla fa scaturire la Vita.

A cura della redazione della collana Scienza e Conoscenza.


Redazione Web Macro

Scopri la definizione che il professor Marchi da all’Amore nel libro La grande Equazione in uscita a Novembre 2021!

Tale sensazione si basa su un’attrazione particolare che non può essere basata solo su un semplice slancio o su ciò che offre. Per questo motivo, allora, il più delle volte la gente si chiede in che cosa consista mai quest’attrazione. Tutto sarebbe più semplice se si andasse a cercare la risposta a un livello molto più profondo di quanto normalmente si fa, che è quello di percepire che nel sedurci (da se-ducere, portare a sé) “io e… l’altro” non siamo più scissi. Ci sono circostanze particolari in cui ce ne viene offerta l’opportunità: la passione amorosa è una di queste, un’occasione unica in cui si fa strada un vago sentore.

C’è però una difficoltà che riguarda il suo compimento, perché l’essere umano conosce pochissimo l’AMORE, cioè conosce pochissimo il sentimento di unicità della Vita; questo perché non ha ancora sviluppato la possibilità di evoluzione insita in lui. Ci sembra, infatti, che né i maschi né le femmine siano veramente dei veicoli di Amore. Sia gli uomini che le donne considerano solitamente l’attrazione reciproca come una conferma: quello che per lo più succede è che ciascuno dei due si aspetta dall’altro/a la scoperta della propria identità, maschile o femminile che sia. E questa è la cosa più deleteria che ci sia. Il filosofo Sam Keen diceva: «Il sesso può dare piacere o gioia, non identità». Ecco perché gli uomini, in genere, sono amorosi, ma non amorevoli: da un lato danno, dall’altro prendono, ma non c’è nulla tra loro di simile all’Amore. È facile che tra due persone si accenda la passione; però il vero Amore, o la comun-unione, loro malgrado, restano latenti. La passione e il desiderio, l’ardore e il piacere possono dare solamente l’illusione dell’Amore.

L’Amore è riservato all’UOMO, non all’uomo.

È questo il punto: quello che porta di solito uomini e donne a innamorarsi è il piacersi e/o il conquistarsi, e quindi il fine ultimo è l’aversi. In questo modo, essi non si rendono conto di essere passionalmente vivi, ma amorevolmente morti. Lo scopo finale dell’amarsi non il possesso, ma una finalità totale che, nel caso dell’uomo autenticamente umano, per dirla in termini di attrazione, si potrebbe definire l’“ESSERSI”. Quello per il quale tutto ciò che importa è l’atto della vita o dell’Amore, dell’essere in sé e per sé, e non quello dell’avere.

Come spiegare questo concetto unico, in cui “Io” sono in costante, ininterrotta comunione con me stesso, ovunque? Come comunicare lo status di questa conversazione interpersonale, che si impernia su un dialogo a un’unica voce, che mi fa sentire del tutto libero di decidere come sentirmi e come vigilarmi, e che mi dice come prendermi cura di me in senso universale, ora che sono del tutto libero di sapere come amarmi?

È difficile per uomini e donne comprendere, perché in fondo la faccenda dell’amore umano fornisce loro uno scopo per cui vivere e, significativamente, un ideale da sognare; tuttavia, tutto questo non ha nulla a che fare con l’Amore vero, perché in realtà rappresenta solo un orientamento “amatorio” inerente più alla sfera della sessualità che all’amore vero. Si tratta, quindi, di un equivoco “storico”, il cui effetto è quello di trasformare sempre di più la sessualità in un surrogato (amore succedaneo) dell’autentica “intimità”. L’intimità fisica non può certo produrre l’intimità assoluta. Così il sentimento di fusione, di unicità vera, cioè l’autentica comunione delle anime, viene vicariata dalla vicinanza dei corpi. La stessa cosa, su un’altra scala, accade anche nel corpo dell’intimità sociale degli individui. È ovvio, quindi, che quando fa difetto il sentimento di intimità assoluta, qui definito “comunione”, appaia naturale il ricorso all’intimità fisica come sostituto totale. Lo ha capito molto bene quella società del nostro tempo da noi definita “della nuova morale”, che ne trae un crescente profitto: il propagandare la sessualità come forma di liberazione culturale consente a parecchie industrie di prosperare, grazie al mito dell’uomo forte (Viagra) e della donna emancipata (pillola). Il che è un assurdo.

 

 

L’Amore –una forza di rigenerazione fisica e mentale

Perché assurdo? Perché intanto dette industrie (per lo più farmaceutiche), multinazionali del sesso, portano a pensare che dall’età della pubertà, e cioè dal 12° o 13° anno di età, ogni individuo diventi titolare di un enorme “deposito bancario” di istinti sessuali; poi è altrettanto assurdo pensare che questa fame sessuale possa essere saziata con qualche gradimento proveniente dall’esterno, come alcool, droga, erotismo, balli, ritmi che stordiscono e attività edonistiche che trascinano in ogni sorta di ordalia ludica.

Perché assurdo? Perché tutto questo presuppone che i cosiddetti “stimoli sessuali” vengano deviati e organizzati in maniera distorta per far sprofondare l’individuo in uno sfinimento personale che è il risultato più di un accoppiamento animale che di una sana e vera rigenerazione fisica e mentale. Come sarebbe misera la legge di attrazione se consistesse solo nel congiungimento fisico della coppia, nell’atto sensuale della copulazione. Se questo fosse il senso, se questo fosse il suo processo, come si potrebbe evitare una frattura evolutiva, con la continuità della sua prolificità nelle sue più diverse manifestazioni universali, a partire dalla vita minerale, vegetale, animale e umana? La quale ultima, per attuarsi, non può ridursi al mero “spasso”, ma deve andare avanti così, senza salti e senza fratture evolutive con i regni precedenti, che altrimenti, rimanendo solo a livello istintuale, le impedirebbero di adempiere alla sua funzione. Funzione che consiste nella “creazione" del suo prodotto cosciente (o finito): l’Uomo vero.

Scopri il libro LA GRANDE EQUAZIONE! In uscita a Novembre 2021

La Grande Equazione

 

Il principio della legge di attrazione

Il principio della legge di attrazione è l’amarsi e il senso dell’amarsi è che ci si deve umanizzare sempre più; ne consegue l’unirsi, spiegabile con il fatto che l’amore, per diventare l’uno di due metà, racchiude in sé quanto di più essenziale ci possa essere per tale finalità. Se questo non fosse, la Vita non sarebbe. E se la Vita non fosse, tutto sarebbe semplicemente morto. Né ci sarebbe autorealizzazione di alcuna realtà vivente.

Contrariamente a ciò che invece si manifesta ovunque come vitalità e fecondità di autovivente espressione universale, e questa cosa è Amore (assoluto) che richiede paradossalmente indipendenza di amore (relativo), cioè autonomia dal proprio ego e da quello dell’altro. Nell’Amore assoluto esiste solo la “non affettività”. Emblematico, allora, è il senso della “morte volontaria” cui si sottomise scientemente Gesù. Se questo senso di libertà dalle contingenze sentimentali non si sviluppa, si ricade inevitabilmente nel rapporto simbiotico, in cui si diventa parte limitante di uno o si condiziona l’altro, rendendolo parte mutilata di sé. In ambedue le situazioni non c’è scampo: o si esercita una costrizione sull’altro (sensualismo) o se ne subisce l’imposizione affettiva (sentimentalismo). In entrambi i casi questo significa dimenticarsi (chatah) di ciò che si è, votandosi a quella simbiosi che impedisce di risolvere il problema e limitandosi ad avere un rapporto stretto con se stessi (egocentrismo) o una disponibilità amabile verso l’altro, riducendo tutto a un egoismo a due.

La strada verso l’Amore vero

La strada verso l’Amore vero è bloccata dall’anestesia dei sentimenti e degli attaccamenti e l’Amore vero, l’amorevolezza, ovvero la piena coscienza di tutto quello che è realmente l’Amore (assoluto), viene inibito dalla dipendenza simbiotica di due egotismi, suoi sostituti.

In questo senso, allora, non va dimenticato il peso dell’illusione che può avere la legge di attrazione se non la si fissa bene nel suo principio più profondo; secondo tale principio, se non si comprende il concetto dell’unicità della vita (quello, cioè, per cui Amore significa conoscenza di tutto il proprio “se stesso” in due) si vive come se si avesse smesso o non si avesse mai cominciato a vivere. Ciò che mutila l’uomo e lo estranea da tutto il fenomeno del principio di attrazione, oltre a deformarlo nella sua capacità di valutazione, emerge quindi nuovamente in superficie come problema irrisolto. E allora cosa si deve fare?

Per chi vive o ha imparato a vivere nella visione dell’Univivivenza, il problema non sussiste, perché non è la passione, ma la compassione (il pathos, o comune sentire) a essere indissolubilmente legata all’Amore.

Amando, “Io” non do e non ricevo niente da nessuno: IO AMO ME STESSO.

Dove non c’è questa visione non ci può essere l’Amore, non ci può essere la (com)passione (“comune sentire”), e tanto meno la possibilità di conoscere l’essenza della legge di attrazione. Al contrario, ci sarà la passione, il desiderio, la brama, la concupiscenza, il senso e altro. Ecco perché chi usa chiamare “amore” quel sentimento nutrito per un singolo individuo, non può mai essere AMORE, ma solo passione.

Chi ama un unico suo simile, in realtà non ama nessuno

Non bisogna mai dimenticare, infatti, che ogni piccola parte dell’Esistente in attrazione è contemporaneamente il Tutto e non solo il particolare, il frammento, l’individuo (isolato) e staccato dal Tutto. L’ologramma dei tempi moderni non è altro che l’Infinito, l’“Universo et Mundi” di Giordano Bruno, il micro-macrocosmo di Paracelso o il Tao della concezione taoista.

 

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