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Ma Albert Einstein fu vera gloria?

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Ma Albert Einstein fu vera gloria?

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Ma Albert Einstein fu vera gloria?

Albert Einstein e Olinto De Pretto: la vera storia.

Le scoperte scientifiche non arrivano mai da sole. In genere hanno molti padri, ma uno solo poi e colui che ne acquisisce l’autentica certificazione genetica. Neppure la celebre formula E = mc2 del 1905 si è sottratta a questa regola!

Lo spiega nei dettagli Vittorio Marchi nell’opera, ormai conosciutissima, La Vertigine di scoprirsi Dio.

A cura della redazione della collana Scienza e Conoscenza.


Redazione Web Macro

La celebre equazione sarebbe stata anticipata nel 1903 da Olinto De Pretto.

Questa sarebbe la tesi rivoluzionaria di un docente di matematica dell’Università di Perugia, ripresa, tramite una sconcertante rivelazione, dall’autorevole e serissimo quotidiano britannico «The Guardian». Questa, ovviamente, è la tesi di Umberto Bartocci, alla quale il professore ha dedicato pure un libro, pubblicato nel 1999 da Andromeda: Albert Einstein e Olindo De Pretto. La vera storia della formula più famosa del mondo, dove viene appunto spiegata la teoria della “contaminazione einsteiniana” ad opera di De Pretto, morto nel 1921.

«Tutto merito dell’italiano Olinto».

«De Pretto non scoprì la relatività – ha riconosciuto Bartocci – però non ci sono dubbi sul fatto che sia stato il primo a usare l’equazione e questo è molto significativo». Ora, che Einstein usasse le ricerche di De Pretto, un matematico autodidatta italiano (o anche quelle del tedesco David Hilbert) è una tesi a dir poco azzardata che è molto difficile – se non impossibile – da dimostrare. Così come appare altamente improbabile che nel 1905 lo studioso svizzero Michele Besso avvisasse Albert Einstein del lavoro svolto due anni prima da De Pretto e delle conclusioni alle quali egli era giunto. Conclusioni dalle quali poi il geniale fisico e matematico avrebbe tratto spunto, ispirandosi in particolare al saggio di Olinto De Pretto, Ipotesi dell’etere nella vita dell’universo (in cui, per l’appunto, compare la formula E = mv2), presentato poi il 23 novembre 1903 al Reale Istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti, il quale lo pubblicò nel febbraio del 1904, senza tuttavia attribuire alcun merito all’italiano.

La formula E = mc2 pronunciata prima di Einstein?

Di certo si sa solo che, stando a quanto si racconta, il 23 novembre del 1903 l’italiano De Pretto, un industriale di Vicenza con la passione per la matematica, avrebbe pubblicato sulla rivista scientifica «Arte» un articolo dal titolo Ipotesi dell’etere nella vita dell’universo, in cui egli sosteneva che «la materia di un corpo contiene una quantità di energia rappresentata dall’intera massa del corpo, che si muove alla medesima velocità delle singole particelle». Insomma, si trattava della celebre formula E = mc2, spiegata parola per parola, anche se De Pretto non mise mai la formula in relazione con il concetto di relatività, ma soltanto con quello di vita dell’universo.

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Secondo la ricostruzione fatta dal professor Umberto Bartocci, docente di Storia della matematica all’Università di Perugia, questo difetto nell’impostazione di De Pretto sarebbe stato il motivo per cui inizialmente il significato dell’equazione non venne capito. Ora, al di là delle polemiche alle quali tutta questa controversia storica si è prestata, forse è sfuggito il lato più importante dell’intera vicenda, il suo significato più strabiliante. Il fatto che per la prima volta si dichiara, con notevole intuizione, che non vi è distinzione tra ciò che percepiamo come presenza ponderale e stabile nel tempo, la materia, da ciò che si manifesta ai nostri sensi in modo invisibile e continuamente in mutazione, l’energia. I due fenomeni vengono presentati come condizioni coesistenti e coerenti tra loro, tanto che possono generarsi vicendevolmente previo un terzo fattore, l’etere (dal greco Aeì-theo, “che sempre scorre”), una presenza diffusa in tutto l’Universo costituita da infinitesime particelle in costante vibrazione a una velocità pari a quella della luce.

Il grande intuito di Olinto De Pretto

Tale concetto viene chiaramente espresso con termini inequivocabili da Olinto De Pretto, il quale dichiarò la sua paura per gli effetti che sarebbero potuti derivare se il fenomeno di conversione della materia in energia si fosse scatenato nella sua totalità. Egli intuì che una quantità esigua di materia conteneva racchiusa nella sua massa una quantità d’energia spaventosamente elevata, che sarebbe bastato qualche chilo di materia immagazzinata allo stato latente per creare un’«energia da colpire qualsiasi immaginazione».

Siamo quindi alle soglie del concetto della materia che “si dissolve” in energia, il quale verrà sviluppato negli anni a venire e attuato attraverso la sperimentazione nell’ambito della ricerca della tecnologia nucleare. La prima fissione nucleare artificiale – cioè provocata dall’uomo – in assoluto avverrà nel 1932, ad opera di Ernest Walton e John Cockcroft; il fenomeno era noto come splitting the atom. Seguita il 22 ottobre 1934 da quella realizzata dai fisici italiani guidati da Enrico Fermi e da ultimo, nel dicembre del 1938, da quella realizzata dai due chimici tedeschi Otto Hahn e il suo giovane assistente Fritz Strassmann.

L’etere è sostanza reale?

Ma quello che colpisce di più – e che forse sfugge – è che c’è qualcosa di essenziale che differenzia nettamente Olinto De Pretto da Albert Einstein, che ne sono i suoi prodromi. L’uomo è riuscito a disgregare la materia con la fissione nucleare, ma per quanto ci risulta non è ancora riuscito a spiegare come la materia si generi. È proprio su questo punto che si dividono le strade: il primo sostiene la teoria dello spazio vuoto mentre il secondo quella dell’etere. Ed è sconcertante osservare come, già nei primi anni del secolo appena trascorso, il pensiero di Olinto De Pretto sia molto simile ai concetti dei saggi del passato, ad esempio al pensiero tradizionale della mistica indiana, entrambi espressi con la logica che supera la meccanicistica moderna. L’etere – come dicevano i Signori dell’infinito – è sostanza reale.

 

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